Ormai è ufficiale! Il protagonista della prossima primavera estate 2022 sarà ancora lui, il denim! Che ormai è diventato un elemento imprescindibile del nostro armadio, declinato in tutte le sue forme: dal più classico jeans al vestititino bon ton, strappato, stropicciato, usurato, scolorito, graffiato, dipinto o impreziosito da decorazioni e gioielli. Tutte amiamo il denim, a nessuna di noi credo manchi un bel paiuo di jeans da abbinare con una felpa o un maglione casual, o con una semplicissima camicia bianca per creare un abbinamento bon ton.
Ma quanti di voi conoscono la vera storia del denim? Come è nato e chi ha avuto la brillante idea un giorno di utilizzarlo per la realizzazione dei famosissimi pantaloni jeans?





Forse non tutti sanno che i primi a creare il jeans fummo proprio noi italiani, ed in particolare i genovesi. Questo in virtù della grande tradizione tessile che fin dal Medioevo costituì un’importante voce nelle esportazioni liguri di prodotti realizzati su materie prime locali oppure importate: tessuti di lana, di seta, di lino, di cotone o di fustagno. Già nel XV secolo la città di Chieri produceva un tipo di fustagno di colore blu che veniva esportato attraverso il porto antico di Genova, dove era usato per confezionare i sacchi per le vele delle navi e per coprire le merci nel porto. Considerando che all’epoca si usava dare ai tessuti il nome del luogo di produzione, il termine inglese blue-jeans pare derivi direttamente dalle parole bleu de Gênes ovvero blu di Genova in lingua francese.
Un altro antesignano del tessuto denim viene identificato nel bordatto ligure, una tela particolarmente resistente che veniva prodotta nei secoli scorsi per confezionare abiti da lavoro.
Il termine di lingua inglese jeans fu utilizzato fin dal 1567, fu infatti nel XVI secolo che dal porto genovese iniziò la grande esportazione di questo materiale. Il fustagno genovese, di qualità media, alta resistenza e prezzo molto contenuto, tinto con indaco, si era imposto in Europa e in particolare tra i mercanti inglesi. Nel 1853, in seguito alla scoperta dell’oro in California, Levi Strauss per vendere capi d’abbigliamento utili ai cercatori d’oro, fondò a San Francisco la Levi Strauss & Co., che è oggi con il marchio “Levi’s” e il mitico modello “501” l’azienda con la quota maggioritaria nella vendita dei jeans. Comprò anche dei tessuti per le tende che poi utilizzò per fabbricare dei grembiuli da lavoro. Questi ultimi inizialmente erano poco resistenti e scomodi. Strauss provò a migliorarne le qualità utilizzando il denim, un tessuto resistente, pesante e di colore blu.






Il moderno jeans in denim fu inventato nel 1871 dal sarto Jacob Davis, che aggiunse ai pantaloni in denim i rivetti in rame per rinforzare i punti maggiormente soggetti ad usura, come le tasche, particolarmente riempite dai cercatori d’oro e dai minatori. Fu brevettato il 20 maggio 1873 dall’US Patent and Trademark Office (ufficio brevetti americano) con il N. 139.121, “for improvement in fastening pocket openings” (miglioramenti nella chiusura delle tasche), dopo che si mise in società con Levi Strauss, non disponendo dei 68 dollari necessari per la pratica di registrazione. Erano chiamati waist overalls, avendo la funzione di coprire il vestiario abituale durante il lavoro e proteggerlo dallo sporco. La Levi’s poté così produrre in esclusiva, i pantaloni di robusto cotone tenuti insieme, oltre che dai punti del cucito tradizionale, anche da rivetti metallici, appena brevettati, che divennero la divisa degli operai della ferrovia transamericana, dei “miners”, dei cowboy ed ebbero un immediato successo: il modello originale aveva cinque tasche.






A partire dal 1890, quando il tessuto “jeans” divenne sinonimo di pantalone e il tessuto del pantalone prese il nome di denim, scaduto il brevetto, qualunque produttore potè liberamente realizzare calzoni simili in tutto e per tutto agli overalls brevettati: i principali sono Harry David Lee e C.C. Hudson, oggi noti rispettivamente con le marche Lee e Wrangler.
Nel 1905 ai jeans fu aggiunta la seconda tasca posteriore. I passanti per la cintura sarebbero stati applicati solo nel 1922, mentre nel 1926 la «zip» sostituì i tradizionali bottoni (i bottoni per le bretelle vennero definitivamente aboliti solo nel 1937). Nel 1935 viene lanciato il primo jeans da donna. Nel 1937 appare per la prima volta sulle pagine di Vogue, entrando così nella storia della moda.
La Seconda Guerra Mondiale creò negli Stati Uniti una eroina in denim. Era chiamata “Rosie the Riveter” (Rosy la Rivettatrice), e diventò il simbolo, autentica icona nazionale dei sei milioni di donne americane che avevano sostituito nelle fabbriche di aerei, carri e cannoni, gli uomini andati in guerra. Il ritratto più famoso lo fece il pittore, illustratore, Norman Rockell, che ritrasse la modella Mary Doyle Keefe, raffigurandola come una poderosa Rosie, in jeans con i bordi arrotolati e maglietta blu mentre si riposa, mangiando un panino e tenendo un compressore sulle ginocchia, come se fosse un mitra.


Fino al conflitto il jeans rimane un abito da lavoro, usato dai ricercatori d’oro e dai minatori, dai cowboy, dagli operai e dai contadini, dai meccanici e dai muratori, per poi diventare, nel dopoguerra, un indumento da tempo libero.
Poco dopo con il cinema americano degli anni cinquanta i jeans conquistano il mondo dei giovani ed entrano nelle loro case insieme ai primi idoli del cinema e del rock and roll: sono indossati color blu scuro da James Dean in “Gioventù bruciata” con giacca a vento rossa, t-shirt bianca e sigaretta, quelli neri Levi’s 501 button fly (cioè con i bottoni e non con la cerniera lampo) da Marlon Brando in “Il selvaggio” in sella ad una potente motocicletta con giubbino di pelle nera Schott NYC Perfecto 618, maglietta bianca e da Elvis Presley e Bob Dylan durante i loro concerti. Grazie anche alla loro pettinatura moderna con la brillantina, questi personaggi diventano un’icona dell’immaginario giovanile.



Il primo ad accorgersi dell’enorme potenziale dei jeans fu Calvin Klein che nel 1976 portò in passerella un paio di blue jeans.

A partire dagli anni ottanta qualsiasi ditta di abbigliamento produrrà una propria linea di jeans prêt-à-porter visto che sono preferiti quelli firmati come vuole la tendenza, diventando non più solo un capo per i giovani e per il tempo libero, ma un oggetto di lusso. Compariranno per la prima volta sul mercato i jeans firmati dagli stilisti più famosi come Versace, Armani, Ralph Lauren. Gli anni 80 si caratterizzeranno per i lavaggi: a pietra (stone-washed), con acidi, con tinture di tutti i tipi. Gli anni 90 portano la moda dei jeans strappati, sdruciti, a brandelli. Le forme si allargano, si affermano i mom jeans (tornati di moda anche oggi). Divennero famosi i marchi di jean: Diesel, 7 for All Mankind, Citizen of Humanity, True Religion. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 i blue-jeans verranno riscoperti ed assumeranno sempre più le caratteristiche del denim che verrà interpretato in maniera personalizzata, con l’aggiunta di decorazioni, materiale di vario tipo (perline, brillantini, spille).






Dagli anni duemila in poi il jeans diventa uno stile d’abbigliamento chiamato “jeansweare”: non solo jeans, ma tessuto che viene impiegato per camicie, gonne, giacche, cappelli, borse, scarpe ed ormai è usato anche per oggetti non di abbigliamento. Il suo colore blue indaco e il tessuto denim sono diventati un marchio caratteristico ed esclusivo, irrinunciabile e subito riconoscibile. E la cosa più bella è che il jeans è davvero per tutti! Declinato in qualsiasi tipo di linea, da quella più fit a quella “boyfriend” più larga e comoda, è in grado di accontantare tutte le tipologie di consumatrici e consumatori. Vita alta, vita bassa, cavallo lungo, fondo a sigaretta o a zampa di elefante, cinque tasche o tasche all’americana, con risvolto o senza, le varianti sono molteplici e seguono una moda ormai indissolubile nel tempo.
















E voi di che denim siete?
Bax
Ely
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